Informazioni storiche in ordine sparso sul passato di Gorro

 

 

AMBITI VALORIZZAZIONE DEI BENI STORICO-CULTURALI DI APPARTENENZA

Il Comune è interessato dalla Via Francigena.

Aree di accertata consistenza archeologica: Abitato d’Altura età del Bronzo medievale (Groppo di Gorro – Roccamurata),

Groppo di Gorro - Borgo Val di Taro (PR)
Un nome un po' bizzarro per un luogo singolare, oggi poco conosciuto ma un tempo di importanza strategica, costellato di avamposti fortificati, come Roccamurata, che presidiavano l'alta Valle del Fiume Taro.

Questo monte, costituito da roccia vulcanica (serpentinite), spesso poco amato dalle popolazioni locali a causa dei sui versanti inospitali, brulli e improduttivi, offre inaspettate sorprese naturalistiche; proprio a causa della roccia, molto selettiva per le sue proprietà chimiche, si sono generate piante e animali specializzati a vivere in questi ambienti ofiolitici creando vere rarità.

 
Il Museo Archeologico del Seminario di Bedonia

Inaugurato a luglio 2000 il Museo Archeologico nel Seminario raccoglie le testimonianze più antiche della presenza dell’uomo nella Valle del Taro.

Il percorso espositivo inizia con i reperti in selce della Preistoria Antica (vetrine 1-2), tracce di accampamenti dei cacciatori-raccoglitori Mesolitici (VIII – V Millennio A.C.) ritrovate sul Monte Molinatico, a Lago Buono, in corrispondenza dei valichi naturali del Bratello, Borgallo, Due Santi, Zovallo.

Con l’introduzione dell’agricoltura (IV Millennio A.C.) lo strumento più importante diviene l’ascia in pietra levigata, indispensabile per la messa a coltura di nuove terre, impiegata dunque sia per disboscare (immanicata come ascia), sia per dissodare (immanicata come zappa). Diverse asce Neolitiche in pietra verde sono state donate, in quest’occasione d’apertura, dalle famiglie F. Musa e L. Bruni (Montevacà di Bedonia).

I luoghi da cui provengono sono, per lo più, disposti tutti attorno a Monte Pelpi: Cavignaga, Montevacà, Tasola, Fontanachiosa, Bedonia (vetrina 3).

Il percorso continua esaminando il popolamento in valle durante l’età del bronzo (metà del II millennio A.C.), attraverso gli importanti reperti (vetrina 4) frutto degli scavi alle rocche di Drusco, condotte dall’Istituto di Archeologia dell’Università di Genova nel 1978.

L’esposizione si chiude parlando dei liguri (Età del Ferro, I Millennio A.C.), attraverso lo studio dei loro villaggi arroccati, sorti in posizioni naturalmente difese, alla sommità di rupi rocciose (Rocca Galgana, Pietra di Belforte, Gorro, Roccamurata, Monte Chiaro, Rocche di Drusco, vetrina 5).

I due pezzi più significativi dell’esposizione, una statuetta preistorica (da Prato di Bedonia) ed una Stele iscritta in lingua Etrusca, (da M. Ribone di Albareto), meriterebbero da soli una visita al Museo. Sarebbe l’occasione per conoscere un po’ meglio le nostre radici, la nostra identità culturale, non per nostalgia ma per essere in grado di affrontare, più consapevoli, il nostro futuro.

 

LE COMUNALIE DI VALDITARO: Avvicendamenti Storici in Valtaro, una storia di 20 secoli

La montagna, intesa come insieme di rapporti uomo-territorio, ha subito le trasformazioni più profonde.

Se le città sono rimaste il luogo dei servizi, dei commerci, dell’industria, delle “comodità” e la collina il luogo delle produzioni agricole d’alta qualità: vino e olio in testa, la montagna non è più quella del passato.

Non solo perché le produzioni sembrano aver perduto valore economico, non solo perché oggi viene depredata delle sue acque, delle sue case, della sua quiete e spesso dei servizi che possedeva, ma anche perché antiche tradizioni e modi di vita, frutto di un rapporto d’affetto e di rispetto tra uomo e territorio, sono entrati in crisi profonda e stanno quasi per scomparire.

Questa pubblicazione ci riporta a pensare ad un passato che non ha soltanto un valore storico, ma che può essere d’aiuto per tentare di ricreare modelli di vita e di rapporti con l’ambiente naturale, capaci di ridare vita alla montagna. (segui link sul titolo)

 

Dal Settimanale Locale Piacenza e Parma News

 

TEMPI RECENTI: Avvistamento Ufo a Gorro

30 Luglio 1996, Roccamurata (Val Taro). 

Quella sera, alle 22.45, la famiglia del capostazione sovrintendente del compartimento di La Spezia, sig. M.B., si trovava in cucina ed aveva appena finito di cenare. 
Ad un certo momento la lampada della stanza subì un calo di tensione e la luminosità si ridusse notevolmente fino a presentare un colore rossastro molto lieve senza tuttavia spegnersi. 
La moglie del capostazione, signora R.B., si affacciò alla finestra per vedere se anche alle luci presenti fuori dalla casa fosse accaduto lo stesso fenomeno, e con molto stupore vide un luce di forma discoidale, a contorni netti, di colore bianco-lattiginoso, emanante luce propria che non proiettava ombre al suolo. 
Le sue dimensioni erano appena inferiori ad ¼ della luna piena. 
La luce giunse molto lentamente e senza produrre alcun rumore dalla frazione di Gorro, seguendo per così dire la linea elettrica ENEL di media tensione. 
Dopo poco più di un minuto la luce è scomparsa dietro la vegetazione dei monti di fronte e dopo un altro minuto la tensione della corrente è tornata normale. 
L’avvistamento è durato all’incirca 4 minuti. 

 

SULLE ORME DEI PELLEGRINI LUNGO LA VAL VONA

Da Osacca(Comune di Bardi) si segue la comunale sterrata per Borgotaro. In località Ramata si abbandona la strada principale per imboccare quella che sale verso lo spartiacque Ceno-Taro, attraverso un bel castagneto punteggiato di esemplari secolari.

Superato il torrente Noveglia, si entra nel territorio del Comune di Borgotaro e dopo un'ora circa si giunge in località Cerreto(sorgente nel prato sottostante) e quindi sul crinale in località Pradetto di Caffaraccia(m 973), un bellissimo pascolo ammantato, in aprile, di orchidee. La vicina pineta è abitata da scoiattoli, fiorrancini, sparvieri. Da qui, senza mai abbandonare il crinale, si giunge alla Maestà di Caffaraccia(m1083), importante riferimento viario con strade da e per Bardi, Borgotaro, Valmozzola e Varsi.

L'attuale fabbricato in pietra locale, soffitto a volta, venne costruito, nelle forme attuali, nei primissimi anni del secolo con l'ampliamento di una precedente antica cappellina. La struttura, oltre che importante nodo viario, ha sempre rappresentato un sicuro riparo per i viandanti sorpresi da temporali e nubifragi in quella zona isolata e priva di altri ripari.

Sotto si stendono senza apparente interruzione, i boschi della Val Vona ricchi popolati dai cinghiali.

Da lì un sentiero scende in Val Vona, passando proprio nei pressi della sorgente del torrente(fontana sottostrada) e conduce a Pradonico(m 1020), dal chiaro etimo che indica la Pars Dominica, quella cioè che il padrone(nel caso nostro il Monastero di Bobbio) riservava a sé.

Su di una collinetta si trova una cappellina che ricorda i caduti della guerra di Resistenza. Una deviazione(minuti 15)porta al Lago Buono(m 1075), invaso alimentato da polle sotterranee e dalle precipitazioni atmosferiche, importante habitat riproduttivo per tritoni e libellule. Bellissime fioriture, alla fine dell'inverno, di crochi e campanelline.

Sulla sponda di nord-est del lago, in prossimità del sentiero che scende a Pian del Monte di Tedoli, alcune incisioni della coltre erbosa mettono in mostra un suolo bruno rossiccio dal quale affiorano rari manufatti microlitici in selce e diaspro. Il ritrovamento di una microlamella a dorso in selce locale, strumento caratteristico del Mesolitico, consente di attribuire l'insediamento a tale periodo.

L'alto medioevo ha rappresentato un periodo molto significativo nella storia borgotarese. Grande importanza, in quel tempo, ebbe la Curtis Turris considerata la più vasta azienda-possedimento del Monastero di San Colombano di Bobbio.

Un documento della metà del sec.IX riferisce che oltre alla gestione diretta dei monaci, vi era quella relativa all'opera delle 85 famiglie coloniche che abitavano nelle vicinanze. Da queste il monastero riceveva la quarta parte dl prodotto dei cereali, la metà del vino e numerose prestazioni di lavoro. La prima menzione che si riferisce a tali prestazioni risale all'annata 833-834 ed è documentata da quella che comunemente viene detta "carta dell'abate Wala".

La Curtis Turris, la cui precisa ubicazione ancora non è stata individuata, si trovava comunque nella Val Vona.

A cavallo tra il X e l'XI secolo, troviamo i Platoni feudatari della Valle. Costoro inizialmente erano potenti livellari del Monastero di Bobbio. Piano piano approfittando del declino di quel cenobio si appropriarono delle terre che avevano in custodia, fino a dominare sull'intera valle del Taro.

Plato Platoni, miles auratus, considerato il capostipite della famiglia o comunque colui che seppe portarla ai più alti traguardi, aveva fatto della Val Vona il suo rifugio sicuro elevandovi castelli e opere difensive.

Le sue proprietà ci sono note dal testamento del 1022 in cui vengono menzionati numerosi fortilizi, alcuni dei quali sono stati di recente rintracciati e sino di grande interesse scientifico, considerato che per la maggior parte si tratta di roccaforti abbandonate fin dal XIII secolo, quando si origina l'attuale Borgo Val di taro con la scomparsa non ancora spiegata di Turrexana.(Turris-Turrexana-Borgo Val di Taro sono tre toponimi che pur in diversi siti si rifanno a Borgotaro).

Scendendo da Pradonico, attraverso boschi di faggio prima, di castagno e cerro con maggiociondoli, acero opalo e melo selvatico poi, in venti minuti si giunge ad una stradina laterale che conduce al posto ove sorgeva il Castrum de Termino, nei pressi del luogo ancor oggi detto Ca' Termi(m 998)

Sulla sommità di un poggio, all'interno di un bosco, si trovano i resti di un fortilizio interamente costituito da murature a secco, con un alzato massimo di ca un metro.

Si riconoscono un settore residenziale, probabilmente una torre con vani annessi situati nella posizione più elevata, ed un settore di protezione, rappresentano da diverse strutture di recinzione del poggio.

Si tratta del Castrum de Termino citato nel testamento Platoni del 1022 e molto probabilmente abbandonato dopo l'XI secolo, visto che gli altri fortilizi Platoni presentano nelle parti rimaste  delle tecniche edilizie più evolute, in particolare l'uso della calce, nel nostro caso non utilizzata.

Si continua l'itinerario dominando, sulla sinistra, la Val Taro con il meandro di Osta, i borghi fortificati contrapposti di Belforte e Costerbosa(Baselica), il groppo ofiolitico di Gorro e il monte Molinatico(m 1545).

Proseguendo, ci si porta nuovamente ad una emergenza storica: una breve deviazione e si giunge nel sito oggi detto Castellazzo, un poggio che domina le sottostanti case della Cornice. Vi si trova un altro dei castra enumerati nel testamento Platoni già citato: il castrum Cornagia. Numerosi scavi clandestini, per la ricerca del solito fantomatico tesoro, ne hanno distrutto alcuni importanti riferimenti e messo in luce alcune strutture murarie dall'esame delle quali si può affermare che il forte venne ricostruito e utilizzato almeno fino al XIV secolo.

Si scende verso la località Ca' Valesia e s'imbocca un'antica strada in forte pendenza, con bella muratura a secco ai lati e un acciottolato che ha resistito al tempo e agli uomini. Dopo un centinaio di metri appare tra il fogliame degli alberi il vicino campanile della chiesa di San Cristoforo, la più antica del territorio borgotarese.

Da qui un sentiero segnato consente una deviazione(minuti 30) fino ad una marmitta fluviale, scavata nella roccia dal mulinare di ciottoli nella corrente di un minuscolo rio.

Da San Cristoforo si scende nuovamente e si raggiunge Selvolina, un nucleo di case con un vecchio, artistico lavatoio(nella vasca più piccola si possono osservare dei tritoni punteggiati). Si prosegue lungo una strada alberata e pianeggiante e si giunge al Pilone, importante riferimento viario rappresentato da una Maestà sopra un pilastro in pietra.

Qui la vegetazione muta aspetto: ai faggi e ai castagni subentra un bosco termofilo di cerro e roverella, con sorbo domestico e ciavardello, in cui nidifica il falco pecchiaiolo, un rapace che si nutre di larve di vespe.

Una deviazione ci porta in pochi muniti in località Vadonnino: splendido agglomerato di case con corte, completamente restaurato, un tempo proprietà dei marchesi Manara, nobile famiglia borgotarese.

Nell'azienda agrituristica il visitatore potrà trovare un punto di ristoro e pernottamento, e compiere altresì gite a cavallo.

Proseguendo si giunge in località  Cappella di Sopra, a quota m 635.

A sud-ovest dell'agglomerato(oggi snaturato da interventi inopportuni) si trova una cima(m 627) coperta da alberi. La sommità pianeggiante è dovuta ad interventi di sistemazione compiuti in età altomedioevale per l'impianto di un fortilizio, se non già in epoche precedenti, quali i periodo del bronzo e del ferro. Il fortilizio è il castrum Penditiae di cui al già citato testamento Platoni. Nella cima, oggi, non s'individuano in superficie strutture murarie. Tuttavia l'incisione praticata alla base del pendio, in seguito all'apertura recente di una strada, ha portato alla luce macerie e resti di pavimentazione in cocciopesto, grani di collana in steatite, documentazione che può genericamente assegnarsi ad u periodo compreso tra l'epoca feudale e quella comunale(X-XIII) secolo.

Più avanti si raggiunge un punto panoramico dal quale si dominano le sottostanti valli del Taro e del Vona, proprio nel punto dove quest' ultimo entra nel fiume maggiore.

Intorno sono chiaramente visibili numerosi resti di muraglie di un'opera di fortificazione altomedioevale.

Si riprende la strada e si scende rapidamente per l'antica "Strada dei Monti", lungo pendii un tempo ricchi di vigneti, dai quali si ricavava un vino prelibato detto "delle Spiagge".

Si possono notare ancora i caratteristici muri a secco, testimonianza di vecchie colture a terrazzi, oggi invasi da una vegetazione submediterranea con ginestra di Soagna e varie orchidee. Moltissimi i piccoli uccelli che vi nidificano, come la sterpazzolina, il torcicollo e il fanelli. Da qui si coglie l'ampio ventaglio del "conoide di deiezione" del torrente Tarodine, su cui sorge oggi l'abitato di san Rocco.

Siamo ormai in vista di Borgotaro: si percorre un brevissimo tratto di strada asfaltata, poi una deviazione ci conduce verso il ponticello che supera il Vona. A qualche decina di metri dal punto di confluenza con il Taro.

Poco prima la stradina passa davanti alla Cappella della Madonna di Caravaggio, detta anche la "Maestà del Vona". L'edificio, con arcone a guisa di portico, presenta stipiti in pietra ed è meta tradizionale di devozione da parte ei borgotaresi. Le prime attestazioni archivistiche del complesso risalgono al 1774.